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Il volontario Sauerbeck, il medico di Bühl è deceduto

Wolfgang Sauerbeck era la personificazione della frase di Erich Kästner: il bene non c'è, lo si fa.
Fare del bene per lui significava aiutare i suoi pazienti, che curava con senso del dovere e interesse
professionale, e i bambini bisognosi del Congo, di cui aveva potuto conoscere la sofferenza. Per lui,
che aveva aiutato così tante persone, dopo una grave malattia, non è bastata alcuna scienza
medica, e Wolfgang Sauerbeck è morto due giorni prima della vigilia di Natale all'età di 72 anni.
Sauerbeck, originario di Karlsruhe, diplomatosi al Liceo Lender di Sasbach, dopo gli studi di
medicina, si era specializzato in Neurologia e Psichiatria a Friburgo. In questi anni aveva creato una
rete di esperti che era risultata utile anche ai suoi pazienti di Bühl. Era il 1985 quando si era
stabilito proprio a Bühl, dove era stato il primo specialista di neurologia e psichiatria della città. La
sua visione della professione andava oltre; Sauerbeck superava gli schemi, e, nell'interesse dei
pazienti, aveva sempre una visione di insieme.
"Siamo anima, corpo e mente. I disturbi psichici hanno spesso un'origine organica e le malattie un
fondamento nell'anima”, sosteneva, "questi due elementi portanti non si possono dividere né dal
punto di vista del contenuto né da quello diagnostico”. Il detto “Mens sana in corpore sano”, per
lui non era un modo di dire, un retaggio delle lezioni di latino.
Sauerbeck era una mente colta e critica, che guardava alle ingiustizie del mondo in modo
realistico. Ed erano proprio queste ingiustizie che voleva eliminare. Certamente era anche un
idealista. Voleva rendere il mondo migliore; per lo meno in un punto, in un luogo, e questo luogo
si chiamava Kimbondo.
Assieme alla moglie Michaela, dopo che i loro figli avevano trovato la loro strada, nel 2008 aveva
fondato un'associazione che oggi conta quasi 200 membri.
Negli ultimi anni, insieme alla moglie, era tornato spesso in Congo, il paese in cui si erano
conosciuti da giovani, durante una missione umanitaria, all’inizio della loro carriera professionale.
Non avevano mai dimenticato la sofferenza di uno dei paesi più poveri del mondo. Per questo
motivo avevano fondato l'associazione “KIMBONDO E. V” per poter sostenere da Bühl il centro
che accoglie i bambini di strada e gli orfani di Kinshasa. Si recavano in quel paese regolarmente,
l'ultima volta nel 2017, per occuparsi di Casa Patrick, la struttura della pediatria di Kimbondo che
ospita i bimbi disabili.
Nel 2013 aveva deciso di andare in pensione e aveva ceduto il suo studio ad una collega, ma subito
dopo è intervenuta la malattia con cui si era dovuto confrontare.
Ha lottato per sette anni, tra alti e bassi, ma è riuscito sempre a dare agli amici e ai conoscenti
un'immagine di sé tranquilla, composta e, sì, a volte anche allegra. "Sono soddisfatto", rispondeva
a chi gli domandava del suo stato, senza però nascondere l'esistenza di giorni difficili; un uomo in
armonia con sé stesso, che, ancora nei lunghi giorni della sua fine, era un esempio, l'esempio di un
uomo che accetta il suo destino, diventando in questo modo una luce per chi lo circondava.
“Quest'uomo era un faro, per noi colleghi e anche per i pazienti", così una collega medico
specialista ha definito Wolfang Sauerbeck. E così è stato fino al suo ultimo giorno.